celvil-gamma-shoppers

Materiali biodegradabili e compostabili: significato e differenze

La crescente sensibilità verso le tematiche ambientali, del rispetto per il pianeta e del risparmio delle risorse, ha portato negli ultimi decenni ad un aumentato interesse e impiego, nel mondo degli imballaggi come in ogni settore dell’industria, di materiali quanto più possibili ecologici, rispettosi dell’ambiente o quantomeno capaci di un minor impatto ambientale. Tra questi, i composti biodegradabili e compostabili sono considerati altamente virtuosi e interessanti, perché in grado di contribuire alla riduzione dell’inquinamento, rispetto ad altri materiali che richiedono ingenti emissioni di CO2 per il loro smaltimento, e perché consentono il loro impiego su larga scala senza incrementare l’accumulo di rifiuti. Lo studio e l’investimento della ricerca su questi materiali ha portato ad innovazioni tecnologiche, come il miglioramento delle loro performance e l’ampliamento del loro campo di applicazione: scopriamo come distinguerli e come possono fare la differenza nel mondo del packaging e non solo.

Cosa significa biodegradabile

Biodegradàbile: aggettivo composto di bio(logico) e degradare. Nel linguaggio chimico e commerciale, di sostanza, prodotto che può subire la degradazione biologica o biodegradazione: es. detersivo biodegradabile.
La biodegradabilità è una proprietà della natura: è la proprietà tipica delle sostanze organiche e di alcuni composti sintetici di essere decomposti dalla natura, o meglio, da batteri e microorganismi, ed è una caratteristica che permette il regolare mantenimento dell’equilibrio ecologico del pianeta.
Al di là del suo significato originario, prerogativa appunto delle sostanze naturali (tutti i composti organici naturali sono facilmente decomponibili), la biodegradabilità può essere attribuita anche a sostanze e composti artificiali e sintetici, purché una volta dispersi nell’ambiente si decompongano facilmente in composti a loro volta meno inquinanti.
Per contrasto, le sostanze non biodegradabili più comuni sono considerate alcune materie plastiche, prodotte a partire da fonti fossili, che non possono essere decomposti dalla natura, nonostante siano formati principalmente dal carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno, che invece singolarmente potrebbero esserlo. Dalla loro unione, tuttavia, si è formata una molecola troppo complessa. Le sostanze meno decomponibili in assoluto si chiamano idrocarburi clorurati.
Un materiale non biodegradabile è quello che non viene in alcun modo scomposto per essere assorbito dal terreno, rimanendo immutato nel tempo, e contribuendo all’inquinamento dell’area in cui viene a trovarsi.

Compostabile: significato e definizione

Compostàbile: aggettivo derivato da composto, ovvero “che può essere sottoposto a compostaggio.”
Compostabile è dunque tutto quel materiale che si può trasformare in compost, ovvero in fertilizzante naturale prodotto a partire da rifiuti organici attraverso un processo biologico aerobico, che prevede cioè la presenza di ossigeno.

Come la parola stessa suggerisce, in questo caso si fa riferimento ad un processo di rapida decomposizione a contatto con elementi ricchi di sostanze nutritive o fertilizzanti. Per questo il materiale compostabile può essere conferito nei rifiuti organici (il cosiddetto “umido”) perché è così che si troverà nelle condizioni ideali per trasformarsi mediante compostaggio insieme all’umido in compost. Il compostaggio è in pratica un processo di decomposizione biologica di una sostanza organica in condizioni controllate.
Quindi parliamo di prodotti compostabili quando questi materiali se sottoposti a un processo di compostaggio insieme ad altri rifiuti organici sono in grado di degradarsi in sostanze organiche.
Un sacchetto compostabile, ad esempio, deve garantire la propria completa decomposizione in un breve arco di tempo, secondo la normativa entro i 3 mesi. La peculiarità di tale tipologia di imballaggio consiste proprio nel suo ciclo di vita perché, a differenza di tutti gli altri, una volta terminato il suo utilizzo, se smaltito in modo corretto diventerà un fertilizzante adatto alla coltivazione, capace di arricchire, reintegrare il terreno di materia organica e sostanze nutritive preziose per l’agricoltura. Il vantaggio del materiale compostabile è quello di tornare completamente alla natura, senza lasciare traccia, in un ciclo virtuoso di sostenibilità e rinnovabilità.

Differenze tra biodegradabile e compostabile

Questi due termini, biodegradabile e compostabile, sono spesso confusi tra loro, ma non sono sinonimi. In realtà, si tratta di due caratteristiche molto diverse. I materiali possono essere definiti in un modo o nell’altro e si distinguono per il diverso tempo e le diverse modalità di smaltimento:
si parla di biodegradabilità quando il packaging, in presenza di luce e ossigeno e sottoposta ad azione batterica, si decompone totalmente in un lasso di tempo che va dai sei mesi fino al quinto anno di vita del prodotto.
Una shopper biodegradabile, ad esempio, per essere definita tale deve impiegare al massimo sei mesi per decomporsi del 90% minimo.
si parla di compostabilità quando il packaging, in assenza di luce e in presenza di altri rifiuti organici, ricchi di sostanze nutritive o fertilizzanti, si trasforma in compost o, in generale, in materia organica (che può essere riutilizzata per concimare i campi). Una shopper compostabile, invece, deve potersi decomporre completamente al massimo in un periodo di tre mesi.

In definitiva, la sostanziale differenza tra i due termini, e tra le due caratteristiche, è il tempo necessario affinché i materiali possano trasformarsi in compost chimici elementari, a conclusione del processo di biodegradazione.

Quali sono i materiali biodegradabili

In genere, perché un composto possa essere considerato biodegradabile è necessario che in natura esista un batterio in grado di decomporlo, dopodiché l’elemento viene assorbito completamente nel terreno, in tempi e modi diversi a seconda del materiale in questione. Per esempio, la carta è una sostanza biodegradabile, perché ha un ciclo di decomposizione che va da 3 settimane a un anno.
Esiste anche una tipologia di plastica biodegradabile, che in realtà è composta sì da polietilene, ma additivato di sostanze che lo rendono facilmente biodegradabile.
Le plastiche biodegradabili per definizione permettono la biodegradazione sopra descritta perché sono suscettibili al processo che avviene quando i microrganismi presenti nell’ambiente (batteri, funghi e alghe) riconoscono la sostanza come cibo, dunque la consumano e la digeriscono (senza bisogno di additivi artificiali).
La biodegradazione in pratica implica la completa assimilazione del materiale frammentato da parte dei microrganismi, appunto come se fosse cibo.
I nuovi sacchetti biodegradabili, nello specifico, possono, infatti, essere distrutti direttamente dai microrganismi.
Per il controllo della produzione viene applicata una norma europea, chiamata UNI EN 13432, che stabilisce le tempistiche del normale ciclo di compostaggio per considerare un materiale biodegradabile: essi devono disintegrarsi per il 90 per cento dopo 3 mesi, e dopo 6 mesi devono essere digeriti dai microrganismi per il 90 per cento.

Materiali compostabili: alcuni esempi

I materiali compostabili più diffusi sono quelli di origine organica, che vengono comunemente chiamati bioplastiche. Vediamone alcuni.
Tra i più usati troviamo senza dubbio i sacchetti per il compostaggio domestico, e per l’acquisto di frutta e verdura presso fruttivendoli e supermercati. Stiamo parlando del PLA, ovvero l’acido polilattico (PLA), una bioplastica ottenuta da amido di mais o zuccheri.
Anche i bicchieri monouso dovrebbero ormai essere tutti realizzati in questo materiale. Il suo aspetto è in tutto simile al polietilene, leggero, lucido e trasparente. Per la sua composizione è indicato per l’utilizzo a basse temperature (per esempio, non è adatto a contenere bevande calde).
Grazie ad un processo di cristallizzazione il PLA può acquisire una maggiore resistenza alle temperature, e viene così chiamato C.P.L.A. In questo caso il materiale cambia colore, non è più trasparente ma bianco lattiginoso, ma conserva la propria compostabilità ed è ideale per bicchieri e posate monouso.
Un materiale da imballaggio celebre e innovativo è il Mater-bi, nome del brevetto del biopolimero prodotto dall’azienda italiana Novamont, sempre a base vegetale, dal colore lattiginoso e impiegato per sacchetti shopper, sacchi per il compost e la differenziata, nonché per stoviglie, posate e come materiale di confezionamento flow-pack.
Un altro materiale biodegradabile molto interessante è la Polpa di Cellulosa, realizzata con scarti di lavorazione di piante come bambù, paglia o canna da zucchero, dà origine a un prodotto bianco, flessibile, simile alla carta, ma completamente composto da materiali naturali e compostabili nel rispetto della norma Europea UNI EN1 3432. E’ ideale per realizzare stoviglie come bicchieri, piatti e contenitori monouso, ed è ottima per l’impiego ad alte temperature, per alimenti caldi e perfino nel forno.
Per verificare la compostabilità di un materiale, è possibile verificare che l’imballaggio sia prodotto in bioplastica compostabile dal marchio che ne certifica la conformità alla normativa UNI EN 13432:2002 e UNI EN 14995:2007, che dovrebbe in ogni caso essere esposto e facilmente individuabile su ogni oggetto o confezione.

Lascia un commento