Plastica biodegradabile: cos'è e com'è fatta - 4

Le differenze tra biodegradabile e compostabile e i metodi di smaltimento

Sempre più spesso troviamo indicazioni sulla biodegradabilità e compostabilità delle confezioni, a partire dagli imballaggi alimentari, passando per i prodotti per l’igiene della persona o della casa, ma anche e soprattutto sui sacchetti di plastica, utilizzati per la spesa, per negozi, per l’acquisto di prodotti sfusi etc.  “Biodegradabile” e “Compostabile” sono due termini che indicano il comportamento del materiale in determinate condizioni atmosferiche e di conservazione, unitamente alla metodologia mediante la quale tali prodotti dovranno essere smaltiti: vediamo più nel dettaglio quali sono le caratteristiche e differenze tra questi due diversi tipi di prodotti da imballaggio. 

Cosa significa biodegradabile

Quando si parla di materiali biodegradabili si indica la loro caratteristica e capacità di decomposizione mediante un’azione batterica, o cosiddetta degradazione biologica ovvero, il materiale è composto da molecole che in presenza di determinate condizioni possono essere scisse dai batteri in elementi già presenti in natura.

A ben guardare, tutti i materiali possono essere considerati biodegradabili, perché tutti vengono in qualche misura degradati grazie all’azione di microbi, funghi e altri microrganismi, attraverso processi enzimatici più o meno complessi, in un determinato arco di tempo. 

Tuttavia con il termine “biodegradabile” comunemente si fa riferimento esclusivamente a quelli che compiono questo processo di degradazione in un determinato periodo di tempo, e in particolare la soglia di degradazione convenzionalmente è definita nel 90% entro i primi 3 mesi, mentre entro 6 mesi il 90% deve essere stato assimilato dai batteri.  Ne consegue che la plastica biodegradabile, deve rispettare queste caratteristiche per poter essere definita tale, e questo vale qualunque sia la materia prima che la costituisce. Nello specifico la base della plastica biodegradabile può esserci qualunque tipologia di materia prima dalla materia organica ai poliesteri sintetici particolari, fino a materie prime di origine fossile, purché in grado di decomporsi anziché accumularsi nell’ambiente (e che quindi devono essere smaltiti per combustione, quando non riciclati, come nel caso delle plastiche “tradizionali”).

Il processo di degradazione non è automatico e viene innescato in particolari condizioni chimico-fisiche: è necessario che gli oggetti si trovino in specifiche condizioni ambientali, quali umidità e temperatura,  ed è necessaria la presenza di un microorganismo (che può essere a seconda dei casi un fungo, un batterio oppure un’alga) che scomponga il materiale, disgregandolo e assimilandolo, in pratica smaltendolo senza lasciare residui.

Cosa significa compostabile

Il compostabile, come la parola stessa suggerisce, indica un processo di rapida decomposizione a contatto con elementi ricchi di sostanze nutritive o fertilizzanti.

Il sacchetto compostabile si presenta con delle caratteristiche molto specifiche per cui deve garantire la propria completa decomposizione in un breve arco di tempo, entro i 3 mesi, in condizioni adatte, ovvero se a contatto con altri residui organici e in presenza di ossigeno . La peculiarità di tale tipologia di imballaggio consiste nel suo ciclo di vita perché, una volta terminato il suo utilizzo, se smaltito in modo corretto diventerà un fertilizzante adatto alla coltivazione.

Differenza tra biodegradabile e compostabile

Vediamo quali sono le principali differenze tra i due materiali, biodegradabile e compostabile, prima di affrontare i rispettivi punti contro o a favore.
Com’è emerso dalle rispettive definizioni, innanzitutto, la plastica biodegradabile si degrada, scomponendosi in piccoli frammenti assimilati da microorganismi, mentre quella compostabile si decompone e torna a nutrire la terra e l’ambiente.

Un’altra differenza importante tra biodegradabile e compostabile è la tempistica di degradazione dei rispettivi materiali, come vedermo più avanti parlando della normativa dedicata. In breve, se biodegradabile il materiale deve scomporsi per il 90% entro i primi 6 mesi,  mentre il compostabile deve potersi  scomporre e disintegrare in meno di 3 mesi, e non essere più identificabile né visibile.

Pro e contro del packaging biodegradabile e compostabile

I vantaggi del packaging biodegradabile? A conti fatti sono le sue prestazioni, paragonabili a quelle di un prodotto tradizionale non-bio, unite al  suo notevolmente ridotto impatto ambientale.

Innanzitutto, gli imballaggi biodegradabili rappresentano uno dei materiali amici dell’ambiente per eccellenza perché, sebbene composti da materiali di origine fossile sono in grado di dissolversi nell’ambiente e dunque non si accumulano per anni né necessita lo smaltimento per combustione come la plastica tradizionale, segnando un vero punto di svolta con il passato.

Si tratta anche di  film idonei al contatto con i generi alimentari, e dunque ideali per la produzione di packaging in questo settore, oltre che flessibili  e leggeri,  e dunque particolarmente competitivi, pratici e adatti per stoccaggio, conservazione e trasporto a livello industriale.

A questi vantaggi si aggiungono le loro eccellenti proprietà di resistenza e di personalizzazione: dai ristoranti ai supermercati, infatti, i sacchetti biodegradabili sono sempre più spesso preferiti alla plastica tradizionale grazie alle loro eccellenti performance tecniche, un’eccezionale resa estetica che li rendono facilmente personalizzabili e dunque adattabili ad una vasta gamma di situazioni. 

Non solo generico imballaggio ma anche shopper, sacchetti per la spesa, fino al popolarissimo imballaggio alimentare monodose: sono innumerevoli le applicazioni del packaging biodegradabile soprattutto in film, la sua versione più flessibile e versatile.

Il breve, il successo del film plastico biodegradabile è dato dalla sua particolare combinazione di tutte le caratteristiche apprezzate nei film plastici tradizionali: resistenza e robustezza, durata e flessibilità. In particolare la sua facilità di smaltimento costituisce un grande vantaggio per le aziende, perché si traduce in un notevole risparmio economico in termini di smaltimento. Infine la sua capacità di degradarsi nell’ambiente è un fattore strategico che consente all’azienda di comunicare la propria attenzione  a tematiche di ambiente ed ecosostenibilità.

Il principale contro è dovuto da una mera semplificazione: per via delle sue proprietà la plastica biodegradabile viene notoriamente percepita come un materiale totalmente ecologico, che non si accumula nell’ambiente e dunque ha un impatto ambientale pari a zero. In realtà è stato provato che questo composto sia sì in grado di scomporsi e unirsi al compost, ma inevitabilmente le sostanze chimiche che lo compongono, di origine fossile così come gli additivi chimici che ne consentono la decomposizione, siano fonte di una seppur ridotta contaminazione. Certo, il grado di inquinamento generato è decisamente inferiore e per questa ragione la plastica biodegradabile gode di una reputazione positiva presso aziende e consumatori ed è ancora una delle plastiche più accreditate e diffuse sul mercato.

Un discorso diverso si può fare con i film in materiale compostabile.

Inizialmente introdotti come sacchetti per la raccolta differenziata dei rifiuti organici, negli anni si sono evoluti e sono oggi considerati 

virtuosi e validi per un crescente numero di applicazioni.

Il vantaggio dei film compostabili è quello di essere molto più rapidi nella degradazione, che avviene  anche in assenza di luce, in meno di tre mesi e, in condizioni ideali, senza lasciare alcuna traccia.

Generalmente la loro composizione è totalmente di origine biologica, il che ne fa ad oggi una soluzione ancora più ecologica del film biodegradabile. La resistenza dei film compostabili è inferiore per ovvie ragioni, essendo la sua degradazione un processo così facile da attivare, tuttavia insieme alle bioplastiche si tratta della vera alternativa alle plastiche tradizionali a base fossile, e una delle strade più spesso percorse nella scelta di un packaging ecologico. La sua percezione estremamente green ne fa un prodotto sempre più diffuso, soprattutto settore alimentare: è considerato rispettoso dell’ambiente e addirittura virtuoso, perché favorisce la creazione di humus e concime.

Shopper personalizzati: biodegradabili o compostabili?

La ricerca e l’innovazione che riguarda il settore del packaging ecologico è una tematica molto complessa e in continua evoluzione e la questione su quale tipologia di materiale sia più vantaggioso ed efficace tra compostabile e biodegradabile è ancora aperta.

I primi materiali da imballaggio che si fossero mai definiti “ecologici” risalgono ormai a diversi decenni fa, quando è stata introdotta per la prima volta la plastica biodegradabile. Da allora sono successe molte cose: diverse tipologie di materiale  biodegradabile e compostabile sono state adottate in una sempre più ampia gamma di settori, grazie alla ricerca sono state individuate loro possibili applicazioni nei campi più disparati, fino alla volontà politica di agevolarne la diffusione con l’emanazione di apposite leggi.

Ad oggi, ogni produttore di shopper personalizzati può presentare ai propri clienti una lista di pro e contro, come quella che abbiamo analizzato insieme, e guidarli nella scelta più adatta a seconda del proprio settore, dei propri prodotti e dei propri clienti.

Per esempio, sono sempre più le aziende che optano per la produzione di shoppers compostabili, non solo per il diretto contatto con cibo e per la spesa sfusa, come già prescritto dalla normativa UNI EN 13432, che indica i requisiti di idoneità del materiale destinato all’uso alimentare, ma anche per per linee di confezionamento di intere linee di prodotti di consumo, dalla cosmetica ai prodotti per la casa, sfruttando la reputazione ecologica di questo materiale per fini di marketing e storytelling del proprio brand.

Catene di ristoranti, fast food, pasticcerie e rosticcerie scelgono volentieri questa tipologia di shopper per potenziare la propria immagine in senso  naturale e bio, mentre anche numerosi negozi, come cartolerie e artigiani di ogni genere propongono ai propri clienti gli shopper compostabili in ottica eco-sostenibile.

Quando si deve progettare il packaging del proprio prodotto, è buona norma considerare le normative italiane ma anche valutare il successivo smistamento del packaging, e questo è un altro fattore su cui l’azienda produttrice, come Celvil, può fornire una puntuale consulenza per guidare i clienti in una scelta informata e consapevole.

I tempi di smaltimento previsti dalla normativa

La normativa sul biodegradabile e compostabile stabilisce quali siano le tempistiche di decomposizione dei precedenti prodotti. Per definirsi biodegradabile, per esempio, un packaging deve impiegare al massimo 6 mesi per decomporsi al 90%. 

Per contro,  un prodotto compostabile dovrà necessariamente disintegrarsi entro 3 mesi senza lasciare nessuna traccia per poter essere definito tale.
Grazie alla conoscenza dei tempi e dei modi di smaltimento dei prodotti, ciascuno di noi può contribuire ad un corretto smaltimento del biodegradabile e del compostabile,  prendendosi cura del Pianeta su cui si vive.

Celvil è a disposizione dei propri clienti per ulteriori informazioni sui film biodegradabili e compostabili, sui  progetti realizzati e le caratteristiche tecniche di entrambi i materiali: da diversi decenni mettiamo al tuo servizio la nostra competenza ed esperienza  nel campo dell’imballaggio, alimentare e non solo, per individuare il prodotto più adatto alle tue esigenze e una gamma di soluzioni per rinnovare e ottimizzare l’immagine del tuo brand.